giovedì 19 novembre 2020

Il concerto (Le concert) è un film diretto da Radu Mihăileanu.

L'orchestra è un mondo. Ognuno contribuisce con il proprio strumento, con il proprio talento. Per il tempo di un concerto siamo tutti uniti, e suoniamo insieme, nella speranza di arrivare ad un suono magico: l'armonia. Questo è il vero comunismo. 
Per il tempo di un concerto.»  (Andreï Filipov prima del concerto)
Il concerto (Le concert) è un film del 2009 diretto da Radu Mihăileanu.
Ambientato fra Mosca e Parigi, il film è girato dal regista rumeno-francese Mihăileanu in russo e francese.
Nel 2010 ha vinto i Premi César per la migliore musica da film e per il miglior sonoro[1] ed è stato premiato come miglior film europeo da entrambi i maggiori riconoscimenti cinematografici italiani, i David di Donatello e i Nastri d'argento. Ha ricevuto inoltre una candidatura ai Premi Magritte 2011 nella categoria migliore coproduzione.
All'epoca di Brežnev, Andreï Filipov è il più grande direttore d'orchestra dell'Unione Sovietica: dirige la celebre Orchestra del Teatro Bol'šoj, ma viene licenziato all'apice della gloria, interrotto nel mezzo di un concerto, perché precedentemente si era rifiutato di espellere dalla sua orchestra tutti i musicisti ebrei.
Ventinove anni dopo lavora ancora al Bol'šoj, ma come uomo delle pulizie. Una sera Andreï si trattiene fino a tardi, per tirare a lustro l'ufficio del direttore e trova casualmente un fax indirizzato alla direzione del Bol'šoj: è del Théâtre du Châtelet, che invita l'orchestra ufficiale a suonare a Parigi. All'improvviso Andreï ha un'idea folle: riunire i suoi vecchi amici musicisti che, come lui, vivono facendo umili lavori e portarli a Parigi, spacciandoli per l'orchestra del Bol'šoj. È l'occasione tanto attesa da tutti di potersi finalmente prendere una rivalsa e di terminare il Concerto per violino e orchestra di Pëtr Il'ič Čajkovskij che stavano suonando trent'anni prima, al momento in cui furono interrotti. Ma nella decisione di Filipov di voler attuare questo assurdo quanto coraggioso piano non c'è solo la voglia di rivalsa per ciò che gli fu negato 30 anni prima.
Filipov infatti insiste perché al concerto prenda parte la giovane e brillantissima violinista francese Anne-Marie Jacquet. Date le bassissime pretese avanzate su tutto il resto da parte dell'impresario Ivan Gavrilov, anche lui riesumato dai tempi che furono e fermo alle tariffe di trent'anni prima, il teatro parigino può assicurare la partecipazione della violinista, per altro affascinata sia dalle musiche di Čajkovskij che dal nome del grande Filipov.
L'attrattiva di un guadagno strappa facilmente i vecchi musicisti dalle loro nuove e disparate attività. Ma a Parigi, dopo essersi fatti anticipare i 100 euro di diaria la compagnia si dissolve. Solo l'oligarca che ha finanziato la trasferta e Sacha, il più grande amico di Filipov, si presentano alle prove. Il teatro minaccia di far saltare tutto mentre la ragazza, pur non capendo bene in cosa si sia imbarcata, accetta l'invito a cena di Filipov.
A cena Anne-Marie capisce che il grande direttore d'orchestra non è più quello di una volta, è profondamente segnato ed è a Parigi solo per una rivincita personale, per cui, amareggiata, decide di tirarsi fuori. I turbamenti di Filipov hanno a che fare con una storia mai raccontata che solo Sacha, che ora ha compreso tutto, può provare a ricucire, per quanto possibile.
Riconoscimenti
Nomination Miglior film straniero (Francia)
Miglior sonoro a Pierre Excoffier, Bruno Tarrière e Selim Azzazi
Nomination Miglior film
Miglior film europeo a Radu Mihăileanu
Nomination Migliore coproduzione a Radu Mihăileanu e Les Productions du Trésor
Nomination miglior montaggioa Ludo Troch
Mihaileanu, pur parlando di sé, riesce a costruire un film ricco di inventiva, narrativamente senza pause. Partendo da un canovaccio da commedia degli equivoci, la prima parte del film è basata sulle grottesche e quasi picaresche disavventure dell'ex-direttore d'orchestra Andreï e della sua combriccola di musicisti. Una compagnia all'apparenza improbabile, dietro la quela si celano invece storie di musicisti di tutto rispetto, ridotti a squallidi lavori per sopravvivere.
Storie di politica, di religione, vicende artistiche e umane.
La loro scalata al palco del parigino Théâtre du Châtelet è condotta da un umorismo scalmanato che agli occhi dello spettatore occidentale potrà ricordare Kusturica, sebbene ancorato a una scuola di comicità sovietica che piantò le proprie radici negli anni 30, giungendo fino ai nostri giorni (da Grigorij Aleksandrov alla Kira Muratova più "leggera", i rimandi sarebbero tanti).
Qui l'umorismo e l'ironia sono armi che permettono di portare avanti sogni e speranze e marcia tanto sull'antisemitismo d'epoca quanto punge sui vizi e difetti della Mosca di oggi 
Diego Capuano ondacinema.it


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